Sebbene molto più riconosciute rispetto al passato, la diagnosi e la gestione delle ragazze e delle donne con emofilia restano impegnative dal punto di vista clinico.
La proporzione di donne emofiliche può essere diversa tra i portatori di emofilia A e B ma, a livello globale, raggiunge circa il 30% della popolazione totale dei pazienti con emofilia. È stato descritto che per ogni maschio affetto, nella famiglia si possono trovare da 2,7 a 5 potenziali portatrici e 1,56 di loro sono portatrici sintomatiche. Inoltre, sulla base di studi condotti su un ampio numero di portatrici, circa un terzo presenta bassi livelli di fattori della coagulazione, principalmente nel grado di emofilia lieve (<40% o 50%).
Rispetto ai maschi, nelle ragazze l’età alla diagnosi è ritardata. Per quelle con deficit lieve di Fattore VIII o IX, la diagnosi tardiva è particolarmente deleteria per un’adeguata anticipazione del menarca. Il sanguinamento mestruale intenso è, infatti, una delle esperienze di emorragia più frequenti nelle donne emofiliche.
Altri sintomi più comunemente riportati nelle donne portatrici sono sanguinamento del cavo orale, sanguinamento dopo l’estrazione di denti ed emorragia postpartum. Studi condotti in Belgio, Svezia e Stati Uniti hanno dimostrato che anche il sanguinamento cutaneo, l’epistassi e il sanguinamento post-chirurgico sono riportati comunemente dalle donne con emofilia. Inoltre, è noto da tempo che le donne con gravi carenze di FVIII o FIX soffrono di sanguinamento articolare, con una frequenza simile a quella dei maschi con lo stesso grado di gravità della patologia.
La gestione del parto nelle portatrici di emofilia richiede una particolare attenzione per i rischi di sanguinamento sia materno che fetale. Sebbene la maggior parte dei sanguinamenti al momento del parto sia dovuta alla mancata contrazione dell’utero o a un trauma alla nascita, e il rischio possa essere mitigato da misure ostetriche di routine per prevenire e trattare l’emorragia post-partum, esistono linee guida che prevedono che le donne con livelli di fattori della coagulazione inferiori al 50% ricevano un trattamento con terapia sostitutiva al momento del parto.
Il parto cesareo può essere preferito per le donne in attesa di un maschio potenzialmente affetto. Qualsiasi preoccupazione che un parto cesareo aumenti il rischio di sanguinamento materno è, infatti, ingiustificata. Sebbene controintuitivo, un parto cesareo pianificato non aumenta il rischio di sanguinamento materno ma, al contrario, ha il vantaggio di ridurre drasticamente il rischio di emorragia intracranica fetale e neonatale.
Il rischio di sanguinamento fetale non grave durante il travaglio e il parto esiste anche per le donne che aspettano una femmina potenzialmente portatrice di emofilia, per le quali, quindi, si dovrebbero evitare procedure fetali invasive (compreso il parto vaginale).
In conclusione, i punti chiave della gestione delle donne portatrici sono l’importanza della diagnosi precoce durante l’infanzia, la gestione e il trattamento del rischio di sanguinamento – nonostante una grande variabilità nell’espressione fenotipica – la salute delle articolazioni e i metodi per diminuire i rischi di sanguinamento materno e fetale durante gravidanza, parto e periodo postpartum.
Fonte:
- d’Oiron R, O’Brien S, James AH. Women and girls with haemophilia: Lessons learned. Haemophilia. 2020;00:1–7. https://doi.org/10.1111/ hae.14094