I rapidi sviluppi nelle tecnologie genomiche rendono possibile sottoporre a screening i neonati per un numero di condizioni sempre maggiore.1
Anche la diagnosi genetica dell’emofilia e di altri disturbi emorragici è diventata più accessibile.2 L’emofilia è, quindi, una condizione potenzialmente candidata per lo screening neonatale allargato alla popolazione generale, che non presenta una storia familiare nota della condizione.1
Con l’uso crescente di tecniche di sequenziamento dell’intero genoma a scopo di screening, l’introduzione dello screening neonatale per condizioni come l’emofilia potrebbe segnare l’avvento di una nuova era nella gestione della patologia.1
Lo screening neonatale potrebbe, infatti, aiutare a identificare i pazienti prima che necessitino di una terapia sostitutiva e, nel contesto dell’emofilia A, questo può favorire la riduzione del rischio di sviluppare inibitori del Fattore VIII. Infatti, garantire che la prima esposizione al Fattore VIII avvenga all’inizio del trattamento profilattico, piuttosto che per il trattamento di un’emorragia, può ridurre il rischio di sviluppare inibitori, in particolare nei pazienti con mutazioni nel gene F8 che presentano un basso rischio.2
Inoltre, poiché il tipo più grave di sanguinamento per coloro che soffrono di emofilia (l’emorragia intracranica) si verifica con maggior probabilità durante il periodo neonatale, con circa la metà di bambini che non hanno una storia familiare di malattia emorragica, lo screening neonatale per la condizione potrebbe proteggere sia la salute del bambino, che quella della madre.1
Fonti:
- Boardman FK, Hale R, Young PJ. Newborn screening for haemophilia: The views of families and adults living with haemophilia in the UK. Haemophilia. 2019;25:276–282. https://doi.org/10.1111/hae.13706
- Paul C. Moorehead, Considering the benefits of newborn screening for haemophilia, Haemophilia. 2019;00:1–2, DOI: 10.1111/hae.13776.