La diagnosi precoce della comparsa degli inibitori è un elemento determinante per consentire la loro tempestiva eradicazione. Il test di Bethesda consente di individuare la presenza degli inibitori in modo semplice e affidabile, ma affinché questo si riveli un’arma davvero efficace nella lotta agli inibitori, è essenziale che venga eseguito in momenti specifici della terapia di sostituzione, quando cioè il rischio di una loro comparsa diventa particolarmente elevato.
Nei PUPs (Previously Untreated Patients), ad esempio, i primi 75 giorni di trattamento sono quelli in cui si ha il maggiore rischio di insorgenza degli inibitori, e per questo motivo il test andrebbe eseguito con la seguente cadenza:
- ogni 3 giorni, entro i primi 20 giorni di terapia;
- ogni 10 giorni, fino al raggiungimento dei primi 50 giorni di terapia;
- oltre i primi 50 giorni, il test andrebbe ripetuto almeno due volte l’anno, fino al raggiungimento dei primi 150 giorni di terapia.
Una volta superato lo scoglio dei primi 150 giorni, il rischio di sviluppare inibitori diventa estremamente basso, per cui è sufficiente ripetere il test soltanto una volta l’anno come screening preventivo. Ad ogni modo, è bene eseguire il test anche prima di sottoporsi a eventuali interventi chirurgici, nel caso si cambi il prodotto impiegato per la terapia di sostituzione, e ogni qual volta si osservi una diminuzione dell’efficacia della terapia.
Fonti:
- Giangrande P. L. F. et al. European principles of inhibitor management in patients with haemophilia. Orphanet Journal of Rare Diseases, 2018. 13(1):66
- Marijke van den Berg H. et al. Timing of inhibitor development in more than 1000 previously untreated patients with severe hemophilia A. Blood, 2019. 134:317-320