UN NUOVO STUDIO PER SVELARE I MECCANISMI DIETRO IL SUCCESSO DELL’ITI

Alcuni dei meccanismi alla base del successo della terapia ITI (Immunotolerance Induction) potrebbero presto essere svelati. Uno studio attualmente in atto sta infatti monitorando il modo in cui l’organismo di 20 pazienti con emofilia A grave ed inibitori reagisce alla somministrazione dell’ITI, valutando sia le risposte provenienti dal sistema immunitario delle persone sottoposte alla terapia che i cambiamenti nell’espressione dei loro geni. Lo studio, che vede la collaborazione di diversi Centri Emofilia situati in Italia e in Canada, e che è stato recentemente presentato in occasione del Joint Meeting tra la 10a edizione del BIC (Bari International Conference) e la 3a Conferenza Internazionale sugli Inibitori in Emofilia, tenutasi a Genova dal 6 all’8 Settembre di quest’anno, ha già evidenziato importanti differenze nella produzione di alcune molecole tra i pazienti che hanno risposto bene alla terapia, ottenendo il raggiungimento dell’immunotolleranza, e quelli in cui l’ITI non si è mostrata efficace. Gli obiettivi principali dello studio sono due:

  • identificare specifiche molecole che agiscano da markers, e cioè che consentano di capire se l’organismo sta reagendo adeguatamente o meno alla terapia ITI in atto;
  • comprendere in dettaglio i meccanismi che regolano la risposta del sistema immunitario nei confronti della terapia, soprattutto nei pazienti in cui l’ITI si rivela inefficace.

L’ITI è l’unica terapia in grado di sconfiggere gli inibitori, che rappresentano la più grave minaccia che un paziente con emofilia possa affrontare. Ad oggi, il tasso di successo dell’ITI si aggira intorno al 60-70%, ma comprendere nei dettagli i meccanismi alla base della sua buona riuscita può migliorare notevolmente la sua efficacia, rendendo sempre più reale l’idea di un futuro libero dagli inibitori.

 

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Assenza di reazione immunitaria nei confronti di uno specifico elemento. Nel caso dell’emofilia, si parla di immunotolleranza quando l’organismo tollera la presenza del fattore VIII infuso durante la terapia, non lo percepisce come un elemento estraneo da neutralizzare, e quindi non produce anticorpi contro di esso (inibitori).